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Stupri di Rimini: Problemi di immigrazione e giustizia

Con l’arresto del “capobranco” dello stupro di Rimini, si chiude il cerchio di una vicenda triste e violentissima, che coinvolge quattro giovanissimi rifugiati e getta pesanti ombre sulla fiducia nella giustizia italiana. La sera del 25 agosto, la banda ha stuprato una turista polacca di 25 anni, picchiato l’amico coetaneo, e violentato una prostituta transessuale peruviana. Ad inchiodarli, delle riprese di alcune telecamere di sorveglianza, nella zona dello stupro, riprese e pubblicate dai media, che hanno convinto i tre più giovani a presentarsi spontaneamente alla polizia (il quarto, l’unico maggiorenne, è invece stato arrestato). Inutile cercare di essere politically correct nel voler dare qualsiasi giudizio, qui c’è da affrontare ancora una volta il problema dell’immigrazione: Stefano Zurlo de Il Giornale, elaborando i dati del Viminale, ha svelato che «tra il 2010 ed il 2014, il 39% delle violenze sessuali in Italia è stato compiuto da stranieri, ed è un numero impressionante prosegue il giornalista «se consideriamo che nel 2014 solo l’8,1% dei residenti in Italia veniva da fuori». Qui non si tratta di fare luoghi comuni su razzismo ed ospitalità, ma prendere in esame un serio problema di ordine pubblico: quando le nostre strade sono presenti tantissimi rifugiati maschi, giovanissimi e non integrati, facilmente possono accadere episodi criminosi, è un dato di fatto. Altra nota dolente da prendere in considerazione, la giustizia italiana: essendo minorenni, gli stupratori potrebbero tornare liberi, o in comunità, nel giro di due o tre anni. Avranno diritto alla riduzione della pena in quanto di età inferiore ai 18 anni, più un altro terzo se chiederanno il rito abbreviato. Si pensi, ad esempio, al rom 17enne che nel 2012 uccise un vigile a Milano, ed è oggi libero dopo cinque anni e mezzo di carcere. Una vera vergogna. La Polonia, dall’inizio della vicenda che ha visto come vittima principale una propria connazionale, ha manifestato apertamente evidenti perplessità sulla giustizia italiana. Il vice ministro della Giustizia Il vice ministro della Giustizia, Patryk Jaki, ha dichiarato: «Per questo tipo di reti il minimo è la pena di morte. Ma io tornerei anche alla tortura» ed ha ribadito che chiederà l’estradizione per gli stupratori. E noi, in Italia, siamo in tanti a pensare che l’unica speranza di vedere veramente condannati i quattro, sia quello di spedirli in Polonia: uno stato estero, che ci manifesta apertamente l’inefficacia delle nostre leggi, e che interviene per dare giustizia ad una giovanissima connazionale.