Gerusalemme capitale di Israele…Putin ne trae il maggior beneficio?
Non accennano ad attenuarsi le critiche nei confronti del presidente Usa Trump, che ha voluto spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme: l’idea di molti è che, terminata la guerra in Siria, gli Stati Uniti puntino ad alimentare nuovi focolai che possano evitare la stabilizzazione dell’area sotto l’egida di Russia ed Iran. Il ruolo di Trump è quello di un mediatore in una situazione davvero difficile: si trova davanti ad evidenti squilibri già lasciati dall’era Obama, e prova ora a rilanciare il ruolo di una malconcia Arabia Saudita come mediatrice di futuri accordi tra Stato Ebraico e Palestina.
Dobbiamo considerare che proprio nel giorno della presa di posizione di Washington su Gerusalemme, Putin annuncia a sorpresa il ritiro delle truppe in Siria. La presa di posizione del presidente americano può dunque soddisfare entrambe le parti: la vittoria russa in Siria, e la soddisfazione americana per Israele.
Già nel 2015, Netanyahu aveva ipotizzato un piano con Mosca, scavalcando Obama che gli aveva remato contro durante le elezioni politiche: Israele chiedeva delle garanzie alla Russia, considerando la presenza ed il controllo di Hezbollah milizia libanese filoiraniane presente ora in Siria oltre che al Sud del Libano, un nemico dichiarato dello Stato ebraico. L’impegno di Putin non ha soddisfatto però Israele il quale, dopo le vicende legate alla guerra in Siria, aveva visto nascere un pericolo asse sciita tra Libano ed Iran, ed il deterioramento dei rapporti con Turchia ed Egitto.
L’annuncio di Gerusalemme Capitale, completa l’ultimo tassello di una difficile situazione politica, nella quale si rafforza l’alleanza tra Usa e Stato Ebraico, a distanza però il rapporto tra Russia e Israele rimane stabile e rassicura in parte lo Stato ebraico contro l’Iran, che vede accrescere il proprio potere grazie alla vittoria di Assad in Siria.
L’intesa tra Trump e Putin è evidente, con una mossa diplomatica che conferma il successo del russo nei rapporti diplomatici e nell’organizzazione dei nuovi assetti in Medio Oriente. Ma per Washington meritano di essere evidenziati dei grossolani errori di valutazione, che proseguono in medio oriente da oltre quindici anni e che, a lungo termine, avvantaggeranno Mosca. In particolare:
- la vicenda allontana gli Usa, in particolare Trump, dalle politiche Ue, sempre più in contraddizione con il politico newyorkese: Trump recita di nuovo il ruolo del guerrafondaio impulsivo, lasciando diversamente a Putin il ruolo di mediatore e di pace;
- l’idea di Gerusalemme capitale è una vittoria, seppur simbolica, per Israele, che però fa comodo anche a Putin, in cerca di stabilità, anche se in una prima fase questa scelta protrebbe sembrare destabilizzante;
- la Turchia, fredda nei rapporti con Israele, è sempre più filo-russa, così come gli altri Paesi del mondo arabo.