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Il PD è un Titanic pronto al disastro

Il PD è un Titanic pronto al disastro. Ma si pensa soltanto alle poltrone

È assurdo pensare che ci siano in giro esponenti del PD che si comportino come se stessero per raccogliere oltre il 40% dei voti, mentre negli ultimi sondaggi lo indicano come un partito in caduta libera, con una discesa ben sotto il 25%. Nell’ultima settimana, inoltre, potrebbe essere stata registrata una ulteriore caduta, con l’inevitabile nesso del partito con le vicende legate alle dichiarazioni rese davanti alla Commissione parlamentare di indagine sulle banche. Il partito di sinistra, storicamente in negativo sui problemi legati alle banche (dalle intercettazioni su Fassino del 2006 al crack del Monte dei Paschi di Siena nel 2013, legato al PD) è costantemente in difensiva e non ha le forze di attaccare gli avversari. Con problematiche simili, è pronto a scatenarsi… l’inferno. Il numero dei “pezzi grossi” che potrebbe rimanere fuori, dopo le prossime elezioni, è di circa la metà dei 283 deputati e dei 98 senatori attualmente presenti. Secondo art. 21 comma 3 dell’attuale statuto del PD, non è candidabile chi ha già ricoperto la carica per tre mandati. Tuttavia, in alcuni casi si ricorre ad una interpretazione più morbida e molto comoda. Andrea Orlando e Dario Franceschini non dovrebbero rischiare la poltrona grazie ad un accordo con Renzi sulla ricandidatura di Maria Elena Boschi. Ettore Rosato, capogruppo alla Camera, ha già tre candidature alle spalle, ma una è durata soltanto due anni, e per lui potrebbero aprirsi le porte per la riconferma; nella stessa situazione si trovano diversi renziani, come Emanuele Fiano. Molti i nomi illustri che rischiano di scomparire: il premier Paolo Gentiloni, Rosy Bindi, Marco Minniti, Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, Gianni Cuperlo, Teresa Bellanova, Luigi Zanda, Marina Sereni, Roberto Giachetti e Giuseppe Fioroni. Renzi ha già lasciato intendere che aprirà le porte ai più giovani, dunque tra i nomi degli esclusi troveremo sicuramente diversi personaggi eccellenti.
renzi e bankitalia

Renzi e Bankitalia, un vero salto mortale

Il caso Bankitalia si è rivelata l’ennesima dimostrazione di come Renzi ed il suo carrozzone siano a fine legislatura e tentino un tandem di avvicendamenti/prospettive di alleanza per ancorarsi, in qualche modo, al potere. Legge elettorale, legge di bilancio, Ius Soli, è evidente come un ex premier sia in prima linea pronto a sparare “fuochi d’artificio” privi di una vera logica di Governo, il dilemma Renzi e Bankitalia…risultano un vero salto mortale! Dopo l’attacco a Visco, persino Eugenio Scalfari di Repubblica è sembrato turbato ed ha addirittura consigliato a Renzi «la visita di un neurologo»; in realtà, per il segretario del PD è sembrata un’ipotesi logica, con la quale ha potuto evitare qualsiasi azione negativa da coloro che, in piena campagna elettorale, avrebbe potuto metterlo in cattiva luce. Con l’attacco a Visco, l’ex Premier è riuscito inoltre a rendere la vita difficile a Mario Draghi, che voleva evitare discontinuità a Palazzo Koch in un momento di evidente debolezza politica, ed al Premier Gentiloni, ora costretto ad assumersi le responsabilità di scelta, creando una situazione nella quale la propria autorevolezza sembra quasi messa in discussione proprio dal suo governo. La situazione creata con Bankitalia è stato, per Renzi, un vero e proprio salto mortale: con la legge dei 2005, il potere di proporre i nomi tra i quali scegliere il governatore è passato al Governo, e Gentiloni è ora costretto ad ascoltare il principale partito della propria coalizione, e la maggioranza, che chiedono proprio “discontinuità”, bloccando un meccanismo che coinvolgeva Bce, Quirinale e Palazzo Chigi.

Renzi e Bankitalia:

Nonostante la riconferma di Visco sembra tutt’oggi l’ipotesi più probabile (rumors dell’ultim’ora lo danno come riconfermato governatore per altri sei anni) il tentativo di Renzi è riuscito a metterne in discussione l’operato di Bankitalia, con evidenti buchi nell’esercizio di vigilanza sui tanti scandali bancari che si sono succeduti in questi ultimi anni. Tuttavia, un secondo mandato al governatore di Bankitalia attesterebbe la sconfitta renziana, minando la propria leadership all’interno del partito. È possibile che, per evitare ulteriori tensioni, Premier e Capo dello Stato ripieghino su un nome diverso comunque vicino a Palazzo Koch. Dopo Bankitalia, l’obiettivo del segretario del PD è probabilmente quello del proprio rilancio di immagine come uomo di sinistra con lo Ius Soli, che lo porterebbe comunque a mettersi contro le ire di tanti elettori. Un ennesimo salto mortale alla vigilia delle elezioni?

Macron nazionalizza Stx e Fincantieri precipita in Borsa

Nonostante i tentativi di rassicurazione, i francesi hanno deciso di nazionalizzare Stx:  l’operazione, formalizzata dal Ministro dell’Economia Bruno Maire, è stata un vero e proprio sgarbo all’Italia, che doveva, in base agli accordi, acquisire il 66,6% della società cantieristica, con Fincantieri. Macron, dopo essersi presentato come alfiere del liberismo, rivede senza indugi gli accordi con l’Italia. “I cantieri navali di Saint Nazaire non sono destinati a rimanere sotto il controllo dello Stato”, ha inteso precisare, “Così avremo più tempo per trovare un nuovo partner”. Dopo l’annuncio, il titolo Fincantieri è subito precipitato in borsa, perdendo il 3,86% a Piazza Affari. La Francia sceglie di salvaguardare l’impresa nazionale e, nello specifico, protegge quelle aziende utili a “difendere gli interessi strategici nazionali” come ha recentemente ammesso il leader francese. Non voler dare seguito ad accordi già conclusi è un atto gravissimo:  lo“Schiaffo di Saint-Nazaire” mostra ancora una volta il fallimento del Governo italiano, contro l’azione del governante francese che, in più di un’occasione – dall’emergenza immigrazione, alla politica estera – ha mostrato di dimenticare lo spirito europeista in favore di nazionalismo e protezionismo, esattamente il contrario delle idee politiche manifestate in campagna elettorale. L’ingerenza francese nei confronti degli italiani, in piena violazione della normativa europea sugli aiuti di Stato, potrebbe costare all’Italia fino a 40 miliardi di euro, con perdite di business legate anche al petrolio libico. Macron, nel frattempo, si dimostra decisamente attento ai rapporti con la Libia, ex colonia italiana: riesce a mettere pace i leader libici,  portando a casa applausi dalla comunità internazionale. Per poter realizzare progetti condivisi sono necessarie fiducia e rispetto reciproco, supportati da una classe politica valida che possa con impegno ed entusiasmo, proporre soluzioni anche ai problemi di politica estera. E, soprattutto, con la voglia – che spesso diverse nazioni europee tendono oggi a soffocare – di uscire dalla logica dei confini nazionali.