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Fermata la nave dell’Ong tedesca per presunti contatti con scafisti e associazioni di trafficanti

La Guardia Costiera ferma la nave tedesca Iuventa, della Ong tedesca Jugend Rettet, condotta poi nel porto di Lampedusa per specifici accertamenti da parte della squadra mobile di Trapani. La Procura di Trapani ha chiesto al gip il sequestro dell’imbarcazione. Questi i primi risultati dell’inchiesta condotta dai magistrati del capoluogo siciliano, con i pm Ambrogio Cartosio ed Andrea Tarondo, relativa ai rapporti tra l’equipaggio delle Ong e alcuni presunti scafisti. L’indagine è stata aperta nel 2016 al termine di uno sbarco, quando migranti ed alcuni scafisti hanno rivelato i contatti diretti con l’equipaggio della Ong tedesca e le associazioni di trafficanti. Le supposizioni degli investigatori hanno trovato conferme nei tabulati telefonici e nelle intercettazioni relative ai cellulari degli scafisti. Tra l’altro, la nave di Jugend Rettet non aveva firmato e sottoscritto il protocollo di comportamento chiesto dal Viminale e sintetizzato in 13 punti, che prevedeva, tra l’altro, di non entrare nelle acque libiche, di trasmettere in ogni caso il segnale di identificazione, di cooperare ed essere leale con le autorità presenti sul territorio ove operano. I rappresentanti delle le Ong contrarie al protocollo hanno espressamente dichiarato di non averlo sottoscritto per motivazioni ben precise: “non segue i principi umanitari della nostra organizzazione. Per noi il punto più controverso è il dover aiutare la polizia italiana nelle indagini e la presenza di ufficiali armati a bordo”. La situazione di estrema emergenza che sta coinvolgendo il nostro Paese necessita di misure di sicurezza straordinarie e controlli mirati a tutti coloro che possano in qualche modo favorire le migrazioni.  Oggi è sempre più importante distinguere tra profughi e semplici immigrati. Il problema persiste e diventa ogni giorno più evidente: mentre l’UE si è dimostrata sensibile al problema della ripartizione dei profughi, i migranti (95% degli sbarchi) non viene ripartito, e permane a lungo sul nostro territorio. L’indagine della Procura di Trapani evidenzia la necessità di una politica estera mirata a respingere le ondate migratorie e la piena regolamentazione delle Ong, che non dovrebbero mai agire in acque internazionali senza la specifica autorizzazione delle autorità governative.

Le Ong, scafisti e morti in mare

Le ONG rendano pubblici i loro bilanci e vengano specificatamente autorizzate da autorità di pubblica sicurezza internazionale per lo svolgimento di qualunque attività umanitaria in acque internazionali. Sono queste le basi per garantire la piena trasparenze e sicurezza del loro operato. Pochi giorni fa diverse imbarcazioni di Msf, Openarms, Jigendrettet e Sea WatchGuardia sono state intimate a lasciare le acque territoriali libiche dalla Guardia Costiera locale. A detta dell’ammiraglio Ayob Amr Ghasem, le navi delle ONG avrebbero intrattenuto comunicazioni wireless tra di loro almeno mezz’ora prima dell’individuazione dei barconi. A detta delle autorità libiche, la presenza delle ONG a ridosso (e spesso all’interno) delle acque territoriali libiche rende più arroganti e spericolati i trafficanti di uomini, dando loro la certezza di dover percorrere solo poche centinaia di metri in mare prima di consegnare il loro carico di vite alle ONG e tornare indietro per un nuovo carico. Il pm di Catania, Carmelo Zuccaro, che ha parlato dell’esistenza di contatti tra ONG e scafisti, è già finito sotto processo della sinistra, che vuole in tutti i modi negare ciò che appare evidente: questa situazione sta favorendo gli affari dei trafficanti e causando un enorme numero di morti in mare. Si alza dunque di nuovo il polverone che da qualche mese copre di ombre l’operato delle organizzazioni umanitarie: i dubbi sui loro finanziamenti sospetti, il più delle volte non dichiarati e non trasparenti; l’ipotesi che dietro i propositi lodevoli si nasconda anche la volontà di far pressione sulle istituzioni europee per costringerle ad aprire canali legali di immigrazione; e poi ancora l’accusa del pm di Catania, Carmelo Zuccaro, che ha detto di avere le prove dell’esistenza di contatti tra membri delle Ong e scafisti. Infine i dati, che dimostrano come l’attività di salvataggio non solo abbia favorito gli affari dei trafficanti di uomini, ma di fatto ha aumentato il numero di morti in mare. Provocando quel cortocircuito in cui le Onlus sembrano essersi ormai sostituite agli scafisti.